Negli anni l’uso di strumenti digitali è diventato preponderante in tutti gli aspetti della nostra vita sia privata che professionale; non a caso bambini nati nel nuovo millennio vengono comunemente chiamati “nativi digitali” proprio perché nati ed esposti fin da subito all’uso della tecnologia digitale.
Sempre più spesso anche all’interno delle sedute logopediche vengono utilizzati software e programmi informatici, alternati a giochi e materiali cartacei. In questo articolo affronteremo l’uso dei dispositivi digitali a supporto della terapia convenzionale (che rimane comunque parte fondamentale dell’intervento, che non può in alcun modo essere sostituita totalmente)
E’ importante saper scegliere.
In commercio o in rete vi sono numerosissime alternative e possibilità, da software più semplici a quelli più complessi, da proposte gratuite a quelle a pagamento, da applicazioni scaricabili a siti da utilizzare direttamente su pc/tablet… per poter scegliere l’alternativa più adatta e riuscire così ad estendere ed intensificare in modo efficace l’intervento convenzionale.
E’ importante, pertanto, accertarsi che vi siano determinate caratteristiche:
L’app o il programma deve essere di facile utilizzo sia per il terapista che per chi ne deve trarre beneficio
Deve essere attraente e motivante
Deve adattarsi alle necessità del bambino/ragazzo/adulto ed agli obiettivi prefissati
Deve essere accessibile anche al di fuori della seduta di terapia, utilizzabile a casa e condivisibile con i genitori/caregivers.
Ne esistono di due diverse tipologie in base allo scopo:
Strumenti a fine riabilitativo:
strumenti informatici e multimediali utilizzati per incrementare e potenziare le competenze comunicative-linguistiche, vocali e legate agli apprendimenti.
Nel caso di bambini/ ragazzi/adulti con difficoltà di linguaggio tali strumenti (utilizzati durante gli interventi diretti in studio o indiretti con genitore/caregivers) permettono di potenziare determinate aree deficitarie: l’accesso e il recupero lessicale, la produzione/comprensione morfosintattica, le abilità fonetiche-fonologiche, la fluenza verbale e gli aspetti prosodici.
Nel caso di difficoltà/disturbi di apprendimento vi sono, invece, diversi ausili e programmi che favoriscono il recupero delle competenze ortografiche, le abilità di lettura o le funzioni esecutive.
Strumenti a fine compensativo:
software e ausili tecnologici utilizzati da persone con disabilità acquisita/congenita o disturbi specifici per superare le varie barriere che possono incontrare durante la loro vita (a lavoro, a scuola o in atri contesti della vita quotidiana).
Si tratta di tecnologie che cercano di promuovere la motivazione, la partecipazione e l’interazione sociale, oltre che offrire un concreto supporto durante l’apprendimento. Sintesi vocali, libri digitali e audiolibri, agende elettroniche, software per la creazione di tabelle comunicative/mappe concettuali, editor testuali con immagini, sono solo alcuni esempi.
Raccomandazioni
Come abbiamo visto fino ad ora gli strumenti digitali possono essere di grande aiuto sia all’interno di sedute riabilitative sia in molti altri contesti di vita quotidiana, specialmente in caso di disabilità congenita/acquisita o di disturbi specifici.
supervisionare il bambino durante l’uso di strumenti digitali
disincentivare l’uso di applicazioni, giochi o programmi digitali per calmare o distrarre i bambini
conoscere i tempi indicati per l’esposizione in relazione all’età e allo sviluppo del proprio bambino, tenendo conto dei rischi di un’esposizione troppo precoce e prolungata, sul suo benessere psico-fisico.
Non si tratta quindi di criminalizzare le nuove tecnologie, ma prediligere un uso controllato e di qualità ed una scelta ponderata degli strumenti tecnologici, valutando come e quando proporli e preferendo applicazioni e programmi educativi, che possono supportare l’apprendimento.
La comunicazione è un bisogno primario dell’essere umano e generalmente avviene attraverso un codice comune, il linguaggio, la cui comprensione è condivisa da ogni individuo e ci permette di comunicare.
Nel momento in cui questa comprensione condivisa viene a mancare per via di un deficit linguistico, dovuto ad esempio ad una patologia del neurosviluppo, il linguaggio non è più la soluzione, perché al contrario rappresenta proprio l’ostacolo che non permette la comunicazione con l’altro interlocutore.
È in questi contesti che nasce l’esigenza di avvalersi della “Comunicazione Aumentativa Alternativa” (CAA), ovvero ogni comunicazione che sostituisce o aumenta il linguaggio verbale (ASHA, 2005). L’aggettivo “aumentativa” infatti indica il suo scopo non sostitutivo, ma accrescitivo nei confronti delle risorse comunicative già possedute dal soggetto, anche se magari limitate; l’attributo “alternativa” invece vuole spiegare la ricerca di una via diversa dal linguaggio verbale per comunicare, sfruttando modalità come l’utilizzo di ausili, tecniche, strategie, simbologie grafiche, gestualità…, non per forza usate “al posto” del linguaggio verbale, ma insieme ad esso, per renderlo accessibile.
La CAA può essere realizzata con diversi sistemi di supporto, i quali generalmente vengono divisi in due grandi gruppi: i sistemi “unaided” (o CAA non assistita), ovvero tutti quelli ottenuti senza il supporto di dispositivi esterni, ma solo attraverso il corpo del soggetto, ad esempio con il linguaggio verbale residuo, la lingua dei segni, i gesti, le espressioni del volto etc., e i sistemi “aided” (o CAA assistita), che sfruttano dispositivi esterni elettronici (a bassa o alta tecnologia) o non elettronici.
Alcuni esempi di dispositivi non elettronici sono tabelle di comunicazione, libri e schemi visivi delle attività, costituiti da sistemi di simboli o fotografie utilizzati per comporre un messaggio più o meno complesso. La potenzialità della CAA quindi è proprio la sua versatilità, cioè di poter essere adattata ai deficit sia motori che cognitivi del soggetto a cui è destinato.
La tipologia dei bisogni comunicativi per cui viene progettato un intervento attraverso la CAA è molto variabile: possono essere presenti disturbi comunicativi in entrata, ovvero in comprensione, in uscita, cioè in produzione, o entrambi.
Con un intervento di CAA in entrata, attraverso l’esposizione a stimoli visivi adattati alle esigenze della persona, diventa possibile aumentare il vocabolario recettivo ed ampliare le occasioni comunicative che permettono le relazioni del soggetto con l’ambiente. Affinché questo sia possibile quindi l’interlocutore si rivolge al soggetto supportando il linguaggio verbale con l’utilizzo di segnali o l’indicazione di oggetti o simboli.
Un’attività fondamentale allo sviluppo della comprensione verbale è la lettura condivisa di libri e storie, che è possibile anche per i bambini con bisogni comunicativi complessi grazie ai cosiddetti IN-book, ovvero libri illustrati con il testo integralmente scritto in simboli. Attività come queste influenzano di conseguenza anche le abilità in produzione, andando così a potenziare le competenze comunicative del bambino.
All’interno dei nostri percorsi di logopedia, in base alle esigenze del singolo bambino, vengono proposte attività con l’utilizzo della CAA. Se pensi che il tuo bambino abbia difficoltà a comprendere il linguaggio verbale e hai difficoltà a comunicare con lui, contatta la Segreteria dello Studio per maggiori informazioni.
Vengono, infatti, utilizzati i PROMPT, ovvero input tattili-cinestetici agli organi interessati all’articolazione per far sì che il paziente percepisca tali strutture e se necessario venga guidato nei diversi movimenti implicati nell’emissione del fonema o nella co-articolazione di più fonemi.
La logopedista per aiutare a sviluppare e/o riorganizzare la produzione verbale integra, alle informazioni tattili – sensoriali fornite con i PROMPT, informazioni visive e uditive puntando a raggiungere un migliore funzionamento comunicativo.
ciò permette di individuare le potenzialità fisiche, cognitive, sociali e verbali del piccolo paziente con l’intento di affrontare determinate difficoltà che il bambino incontra nella quotidianità.
La presa in considerazione globale del paziente, considerandolo nei diversi domini, mette in evidenza come siano necessari dei prerequisiti prima di avvalersi della tecnica PROMPT.
Infatti, un certo grado di intenzionalità ed adeguate competenze prelinguistiche (es. l’indicazione, l’attenzione condivisa, la reciprocità,…) sono obiettivi su cui lavorare e da raggiungere affinché si possa poi sostenere lo sviluppo linguistico.
Nel corso della prima infanzia una grande percentuale di bambini sviluppa una serie di abitudini orali che se persistono degenerano in veri e propri vizi orali.
Tali vizi, se protratti nel tempo, possono determinare o contribuire ad alterazioni morfologiche e funzionali. Si può quindi andare incontro ad uno squilibrio della muscolatura oro-facciale e ad anomalie strutturali ossee /dentali di diverso grado, che a cascata possono ripercuotersi sulla respirazione, deglutizione, masticazione e articolazione verbale, andando ad alimentare un vero e proprio circolo vizioso.
I vizi orali maggiormente presenti risultano essere:
–Succhiamento del pollice e/o dita: si presenta nel caso in cui il fenomeno fisiologico del succhiare il pollice per ritrovare stimoli piacevoli permanga oltre i tre anni di età. Il succhiamento del pollice è ritenuto fisiologico nei neonati e nei lattanti, può diventare problematico quando perdura oltre il terzo anno di vita.
– Uso prolungato di ciuccio e/o biberon: l’uso protratto di ciuccio e biberon non supporta il corretto sviluppo muscolare ed osseo della bocca e del viso, aumentando il rischio di conseguenti alterazioni funzionali ed estetiche. E’ consigliato disincentivarli tra i 24 ed i 36 mesi.
– Parafunzioni: all’interno di questo gruppo sono compresi l’onicofagia (mangiarsi le unghie), la lapisfagia (mordere matite/penne) e la dermofagia (rosicchiare le pellicine). Si tratta di vizi spesso legati a stati di ansia, tensione e stress, talvolta transitori e portati a scomparire autonomamente; se ciò non avviene è opportuno attivarsi per eliminarli prevenendo o agendo poi su eventuali effetti negativi già presenti a carico dell’apparato stomatognatico.
I vizi orali, da Linee Guida, andrebbero quindi disincentivati già all’età di due anni ed eliminati entro i tre anni, per favorire un armonioso sviluppo delle funzioni orali, del linguaggio e della bocca in generale.
In caso contrario, se protratti, possono comportare:
Alterazioni dentali e malocclusioni
Alterazioni nella funzionalità dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM)
Lesioni e traumi all’interno del cavo orale
Sviluppo di una respirazione di tipo orale
Sviluppo di una deglutizione disfunzionale
Alterazioni nell’articolazione dei suoni del linguaggio
I limiti temporali possono essere indicativi, poiché il danno da vizio orale dipende da una molteplicità di fattori: durata, frequenza, intensità, luogo di applicazione di eventuali corpi estranei.
E’ importante agire il più precocemente possibile nell’eliminazione di tali comportamenti, per prevenirne gli effetti negativi, attivando quindi un percorso che suggerisca strategie e guidi la famiglia nel farlo.
In alcuni casi un intervento tempestivo nell’eliminazione del vizio orale può già da sè comportare un miglioramento del quadro morfo-funzionale, interrompendo l’autoalimentazione di un circolo vizioso.
Se ti trovi in difficoltà con la gestione/eliminazione di un vizio orale del tuo bambino, non esitare a contattare lo Studio per fissare una consulenza logopedica specifica.
Il linguaggio è una delle funzioni proprie dell’essere umano, fondamentale nello sviluppo evolutivo del bambino. È tramite infatti il linguaggio che il bambino riesce a comunicare, ad interagire con l’ambiente che lo circonda, condividere e costruire conoscenze.
L’acquisizione di quest’abilità non è altro che un percorso personale e unico per ogni bambino, che parte già dai primissimi mesi e tramite scoperte e piccoli passi si affina sempre di più, fino ad arrivare all’emergere delle prime attesissime parole.
Ma quali sono questi passi, che ci possono aiutare a capire se il nostro bambino sta seguendo le tappe di un corretto sviluppo linguistico?
0-2 mesi PIANTO
La prima forma con cui il bambino manifesta i propri bisogni e i propri disagi, già dai primissimi attimi di vita.
2- 6 mesi VOCALIZZAZIONI
Compaiono le prime vocali prolungate e in un secondo momento dei suoni consonantici più variati e simili alla propria lingua. Dai 4-5 mesi iniziano anche le prime PROTO-CONVERSAZIONI, mamma e papà alternandosi alle vocalizzazioni del bambino ne attribuiscono un significato ed un senso e il bambino a sua volta inizia ad inserirsi tra i turni verbali di chi gli parla.
6-10 mesi LALLAZIONE CANONICA
Il bambino produce sillabe ripetute con la stessa sequenza consonante-vocale ma-ma-ma, pa-pa-pa, bu-bu
10-12 mesi LALLAZIONE VARIATA E PROTOPAROLE
Il bambino produce sillabe ripetute con consonante o vocale diversa e con struttura sillabica più complessa (ba-ma-la, ma-ma-pa). Iniziano a comparire le prime sequenze di suoni utilizzati intenzionalmente per comunicare qualcosa ma non ancora considerati vere e proprie parole (am am per mangiare, Muuu alla vista di una mucca)
12/13 mesi PRIME PAROLE
Comparsa di stringhe di suoni che il bambino produce in maniera stabile e associate a significati precisi. Inizialmente le prime parole saranno legate a persone, oggetti e attività familiari.Vocabolario da 0 a 10 parole stabili
18-24 mesi: ESPLOSIONE DEL VOCABOLARIO
Considerevole aumento della velocità con cui il bambino acquisisce nuove parole: si parla di circa 9 parole al giorno per un totale di quasi 50 parole nuove alla settimana. Vocabolario dalle 100 a 400 parole
dai 24 mesi: PRIME COMBINAZIONI
Il bambino inizia a combinare più parole assieme, senza ancora l’uso di articoli o flessioni verbali. COMPARE LA PRIMA FORMA DI FRASE: mamma più (mamma non ne voglio più), papà nana (papà voglio la banana), più papà (il papà è appena uscito)
Prerequisiti del linguaggio verbale
“La comunicazione comincia nella prima infanzia, molto prima che il bambino sia capace di pronunciare le sue prime parole” (Bortolini, Basso, 2017)
Spesso quando si pensa al linguaggio, si è subito portati a pensare alla mera produzione delle parole o delle frasi del proprio bambino, senza accorgersi che il linguaggio in realtà è strettamente collegato ad altri fattori fondamentali sia cognitivi che emotivi.
Sto parlando dei PREREQUISITI DEL LINGUAGGIO: le fondamenta per uno sviluppo linguistico stabile e armonioso.
Andiamo a scoprire assieme quali sono queste abilità:
Contatto visivo:
Dai 3 mesi emerge la capacità di agganciare e mantenere lo sguardo verso il volto dell’adulto durante l’interazione.
Alternanza del turno:
Il bambino grazie alle proto-conversazioni impara che i dialoghi sono formati da ruoli ed inizia ad alternarsi ai turni dei genitori
Intenzionalità comunicativa:
Ovvero l’essere consapevoli che il proprio comportamento ha un valore comunicativo e che può essere usato per influenzare gli altri. Stabile dai 9 mesi
Attenzione condivisa:
La capacità di guardare e condividere con un adulto l’interesse verso qualcosa di interessante, che sia un oggetto, un’altra persona o un evento. Compare dai 10 mesi
Imitazione:
Il bambino è capace di prendere l’adulto come modello e di imitarne la mimica, le espressioni, i gesti e anche la produzione di suoni e parole
Uso dei gesti comunicativi:
I GESTI PRECEDONO LE PAROLE! Dai 9 mesi il bambino inizia ad utilizzare il gesto dell’indicare per richiedere o mostrare qualcosa a lui interessante, poi intorno agli 11-12 mesi compariranno nuovi gesti definiti referenziali come: ciao ciao con la manina, muovere le mani per significare “uccello” o portarsi un ditino alla guancia per “buono”
Uso appropriato degli oggetti e gioco simbolico:
Inizialmente dai 12-24 mesi il bambino impara ad utilizzare i vari oggetti con la loro funzione. Via via il gioco simbolico diventa sempre più ricco ed articolato e il bambino comincia ad utilizzare oggetti con la funzione di altri oggetti (fare finta che la scopa sia un cavallo o che un sasso sia un telefono…)
A cosa fare attenzione?
Il bambino non piange, non compare il sorriso sociale
Sembra non reagire ai suoni e sembra poco interessato al linguaggio o ai volti di chi lo circonda
6-10 mesi assenza di lallazione
11-14 mesi assenza o scarso utilizzo dei gesti comunicativi: indicare, chiedere, mostrare
18 mesi: vocabolario di meno di 20 parole stabili
24 mesi: vocabolario di meno di 50 parole
Oltre i 24 mesi: assenza delle prime combinazioni di parole, assenza o scarsa presenza del gioco simbolico, difficoltà nella comprensione di ordini semplici
Tutti questi sono campanelli d’allarme, che se ignorati o sottovalutati possono determinare l’insorgere di ritardi e difficoltà nell’acquisizione delle abilità comunicative-linguistiche.
In presenza di uno o più di questi segnali vi consigliamo di intervenire precocemente, rivolgendovi a noi, così da chiarire il prima possibile dubbi e paure e ricevere preziose strategie per affrontare la situazione con serenità e nel migliore dei modi!