L’imitazione è un processo complesso nel quale obiettivi, finalità ed emozioni della persona imitata influenzano il comportamento imitativo. L’imitazione non consiste semplicemente nel replicare gli stimoli percepiti, in quanto i bambini operano costantemente una selezione di quando, chi e cosa imitare.
I processi imitativi sono sostenuti dai neuroni specchio, ossia una particolare tipologia di cellule cerebrali che si attiva sia quando compiamo una determinata azione, sia quando vediamo compiere la stessa azione su qualcun altro; di conseguenza, essi ci consentono di comprendere le azioni degli altri e di imitarle.
Inoltre, l’imitazione ha un ruolo cruciale nell’evoluzione del bambino, in quanto è alla base dello sviluppo cognitivo e sociale, ed è lo strumento principale attraverso il quale i piccoli imparano nuove abilità.
QUALI FUNZIONI HA L’IMITAZIONE?
Rafforza l’identità del bambino
Crea e rinforza la consapevolezza del bambino sull’identità dell’altro
Sostiene la consapevolezza dell’azione
Mostra al bambino una possibile modalità di comunicazione
Consente lo sviluppo di molteplici competenze. Infatti, le abilità imitative sono fortemente connesse con il linguaggio, l’attenzione condivisa, la reciprocità sociale e le capacità simboliche.
QUANDO E COME IMITA IL BAMBINO?
I bambini hanno una propensione innata ad imitare le azioni altrui. Come per tutte le competenze, anche l’imitazione segue un percorso evolutivo, a partire da meccanismi più semplici fino ad arrivare a quelli più complessi.
Lo sviluppo e il raggiungimento delle abilità imitative, come per le altre competenze, hanno una certa variabilità da bambino a bambino. Di seguito vengono riportate alcune tappe indicative:
Nelle prime settimane di vita: i neonati imitano semplici movimenti ed espressioni facciali dell’adulto.
Nei primi mesi: i bambini imitano spontaneamente azioni presentate dal caregiver, per esempio gorgheggi e vocalizzi. Questa abilità si sviluppa e si consolida in particolare nel corso delle routine con i genitori, nelle quali il bambino e il caregiver si imitano reciprocamente.
Dai 9 mesi: i bambini imitano suoni riprodotti durante le routine di gioco (per esempio, mandare un bacio o fare un colpo di tosse) e semplici azioni (come battere le mani).
Verso l’anno di vita: il bambino imita brevi sequenze di gioco proposte dall’adulto (ad esempio, prendere gli oggetti e metterli all’interno di una scatola).
Attorno ai 15 mesi: i bambini riescono ad imitare un’azione incompleta, portandola invece a compimento. Dimostrano quindi di comprendere gli obiettivi e le intenzioni della persona che imitano.
Tra i 15 e i 18 mesi: il bambino inizia a compiere azioni imitative sugli oggetti (per esempio, mettere a dormire i pupazzi o dare loro da mangiare), avviando così il gioco di finzione, durante il quale replica gli schemi imitativi acquisiti.
Verso i 18 mesi: il bambino imita attività della vita quotidiana, come spazzare il pavimento, cucinare o lavare i vestiti.
Con la crescita: le capacità imitative del bambino si perfezionano sempre di più e il gioco di finzione diventa maggiormente complesso e articolato, fino ad evolvere nel gioco simbolico.
IMITAZIONE E NEUROPSICOMOTRICITÀ
In neuropsicomotricità, l’imitazione viene sperimentata e sviluppata tramite il gioco, ed è una competenza ampiamente stimolata proprio per il ruolo fondamentale che ricopre nello sviluppo globale del bambino.
Il contesto neuropsicomotorio e le varie strategie utilizzate dal terapista, facilitano il bambino nell’acquisizione delle abilità imitative, del gioco di finzione e di tutti gli apprendimenti associati.
Quello appena trascorso, è stato un anno e mezzo caratterizzato un po’ per tutti da incertezze e preoccupazioni, variazioni nello stile di vita, che spesso hanno portato a rinunce e hanno richiesto significativi adattamenti.
Ciò non ha coinvolto solo noi adulti, ma anche i bambini, che hanno dovuto affrontare periodi di isolamento, cambiamenti delle proprie routine, allontanamento dai pari e dall’ambiente scolastico, interruzione delle attività sportive, ecc. Oltretutto, nonostante l’impegno dei genitori per alleggerire la situazione, non sempre risulta semplice nella testa di un bambino comprendere perché avviene tutto ciò (non è semplice nemmeno per noi adulti, figuriamoci per i più piccoli!) e ciò aumenta il carico di ansia nel trovarsi di fronte all’ignoto, senza riuscire ad avere delle risposte chiare e la certezza di ciò che accadrà.
La pratica psicomotoria, proprio per le caratteristiche che la contraddistinguono, si rivela uno strumento efficace per accompagnare i bambini in questo periodo particolare e spesso complicato.
Innanzitutto durante gli incontri di psicomotricità i bambini hanno la possibilità di correre, saltare, fare capriole, sperimentare le proprie possibilità motorie a 360°. Sicuramente durante gli ultimi mesi, a causa delle restrizioni descritte in precedenza, si sono ridotte le possibilità di movimento per i bambini, con grande impatto sul loro sviluppo. Attraverso il movimento i bambini infatti scoprono sé stessi, le proprie capacità e i propri limiti, imparano a conoscere lo spazio che li circonda, fatto di alto-basso, vicino-lontano, dentro-fuori.
In secondo luogo, la pratica psicomotoria pone molta attenzione agli aspetti relazionali. Attraverso il gioco ed il movimento il bambino impara a confrontarsi con i pari, ad ascoltare, condividere, scontrarsi e risolvere i conflitti, affermare sé stesso ed accogliere l’altro. Sono competenze che i bambini apprendono sicuramente dai genitori nelle prime fasi di vita, ma che poi sviluppano e fanno proprie sperimentandole sul campo, vivendo il tempo di gioco libero tra bambini, provando sulla propria pelle fallimenti e conquiste. In un periodo in cui le relazioni interpersonali sono ristrette al minimo ecco che avere la possibilità di fare esperienza in un contesto che mette al centro proprio la persona è sicuramente un’esperienza arricchente per i bambini.
Infine l’importanza data alle emozioni. All’interno del contesto psicomotorio, il bambino ha la possibilità di esprimere i propri vissuti, mettere in gioco le proprie paure, affrontare i suoi fantasmi, in un contesto protetto, in cui il terapista, attraverso il gioco, lo guida nel vivere queste sensazioni, comprenderle e affrontarle al meglio. Non sempre i bambini hanno la capacità di esprimere verbalmente ciò che provano, ma spesso lo esternano nei loro giochi, attraverso l’invenzione di mostri o creature particolarmente spaventose o attraverso dinamiche di aggressività, che nascono un’insicurezza di base. Vivendo queste situazioni all’interno del gioco, con la guida del terapista, il bambino impara gradualmente a fare ordine anche dentro di sé.
Presso lo studio “Le Metamorfosi”, svolgiamo le attività nel pieno rispetto delle normative vigenti e adottando tutte le misure di sicurezza necessarie alla situazione, in modo che i bambini possano vivere un’esperienza di crescita in totale sicurezza.